L’innovazione Tecnologica alla base del processo di digitalizzazione dei prodotti e dei processi, non è il fine, ma solo uno strumento, che se utilizzato fine a sé stesso, solo perché disponibile, rischia di portare a grossi sprechi di risorse e denaro.
Il percorso di digitalizzazione deve essere definito ed accompagnato da una chiara strategia volta alla generazione di valore mediante il raggiungimento di chiari obbiettivi.
In assenza di una chiara visione strategica, fortemente sponsorizzata dal Top Management aziendale, il fallimento è dietro l’angolo.
Lo scenario dei fallimenti
I numeri parlano chiaro: secondo una indagine di Fujitsu (The Digital Transformation PACT) sull’andamento dei progetti di digitalizzazione:
il 27%, tra grandi e medie imprese italiane, ha annullato progetti di trasformazione digitale dopo averli avviati, con una perdita economica media per le casse aziendali di 456mila euro.
il 21% dei progetti digitali fallisce, per un costo, e quindi perdite e sprechi, in media pari a 560mila euro.
Secondo Mc Kinsey, (The case for Digital Reinvention – Febbraio 2017), addirittura nella media delle aziende manifatturiere a livello mondiale, la adozione di progetti di digitalizzazione porta ad una diminuzione media dell’EBIT dell’ordine del 10% e del Fatturato dell’ordine del 12% (vedi figura 1).
Certo, a fianco di questi dati, sorprendenti ed allarmanti, ci sono quelli relativi alle imprese che hanno meglio operato in questo ambito e che hanno saputo definire il loro percorso, i loro obbiettivi di risultato ed investimento, ottenendo risultati decisamente positivi e rafforzando la poro posizione di leadership.
Tuttavia questi dati ed analisi meritano considerazione e devono far pensare chiunque abbia avviato od abbia intenzione di avviare dei progetti di digitalizzazione.
Le ragioni dell’ insuccesso:
1 – Mancanza di una strategia definita
In moltissimi casi, il motivo di questi fallimenti è dovuto ad una mancanza di strategia e pianificazione adeguate, a monte del progetto.
In pratica, molto spesso si adotta e si sviluppa una tecnologia senza prima avere analizzato bene le reali necessità dell’azienda, le reali opportunità ed i bisogni dei propri mercati.
Il primo passo di una visione verso il digitale non deve consistere nell’applicazione tout court delle tecnologie, ma in uno sforzo globale rivolto a definire con cura ed attenzione gli obbiettivi da perseguire, siano essi nuovi prodotti, nuovi servizi o nuovi processi.
Il tema è che la digitalizzazione in ambito industriale, non è un oggetto, una “cosa”, ma è prima di tutto uno strumento per fare in modo diverso ed innovativo ciò che oggi viene fatto.
Per agire correttamente bisogna quindi avere chiari gli obbiettivi e pianificare con attenzione il percorso da svolgere. Prima che una azione tecnica, il processo di digitalizzazione è un percorso strategico.
Iniziare un progetto di digitalizzazione di servizio, prodotto o processo, senza averne ben identificato lo scopo può portare alla realizzazione di un risultato bello ed interessante per chi lo ha sviluppato, ma inutile per i potenziali utilizzatori.
Inoltre, il processo di trasformazione digitale, soprattutto se applicato ai processi, interviene pesantemente con le abitudini degli utenti, in quanto rischia di stravolgerne l’operatività.
Senza una adeguata visione condivisa di obbiettivi e vantaggi che ne possono conseguire, si possono creare delle resistenze al cambiamento eccessive, che oltre ad ostacolare lo sviluppo dei progetti, può portare anche alla loro delegittimazione e fallimento.
Una strategia chiara, fortemente sponsorizzata dal Top Management, con obbiettivi condivisi, accompagnata ad una spinta importante a livello culturale, è la base su cui si può costruire una progettualità. La mancanza di anche alcuni di questi elementi, rischia di portare ad fallimento delle iniziative.
2 – Mancanza di competenze
Nella maggioranza dei casi, le competenze digitali necessarie per intraprendere dei progetti, non esistono in azienda.
Molto spesso si attribuisce ai Responsabili IT la guida di progetti operativi in ambito digitalizzazione, ma altrettanto spesso, ai professionisti tradizionali di questo settore mancano competenze OT (Operation Technology), ovvero quanto necessario per operare sugli oggetti che devono essere digitalizzati.
Inoltre spesso sono professionalità molto tecniche, che hanno gestito servizi ed infrastrutture, che non hanno sempre avuto la possibilità di interagire con il fronte delle operazioni, con il mercato ed i clienti, per cui tende a mancare una visione complessiva circa i bisogni da soddisfare e gli obbiettivi strategici, e non solo tecnologici, da raggiungere.
Il tema delle competenze è vitale per la riuscita dei progetti, non solo per gli aspetti tipicamente tecnici, quali per esempio la programmazione, ma soprattutto per la carenza di visione sistemica, della capacità di valutare in maniera corretta come evolvere i progetti.
Se non si ha coscienza di cosa si parla, con chiarezza, il rischio di prendere decisioni sbagliate, è molto elevato.
3- Piattaforme scelte e non adeguate
In un momento in cui ormai a livello industriale tutti parlano di digitalizzazione e Industria 4.0, orientarsi tra le varie possibilità e proposte, è molto difficile.
Trattandosi di tecnologie non completamente esplorate, trovare le corrette competenze di supporto, identificare una piattaforma o un servizio che possa essere effettivamente efficace e ben supportato per il suo sviluppo e mantenimento, è altrettanto complicato.
Di fatto, le tecnologie di base sono ormai comuni e diffuse tra i vari operatori e le modalità con cui gli stessi si propongono sono apparentemente molto simili, in quanto simili sono i contenuti da gestire ed i risultati da raggiungere.
La sensazione che si tratti di tecnologie alla portata di tutti, può portare a considerare il costo come fattore determinante nella scelta della piattaforma di gestione dati da utilizzare e dei servizi ad essa connessi.
In realtà, la carenza di casi pratici ed esperienza diretta da parte dei potenziali utilizzatori non consente una scelta completamente consapevole.
Il problema è che la scelta di una piattaforma non adeguata ai bisogni, o che richiede molte attività di sviluppo e personalizzazione, con costi non prevedibili, magari in un momento in cui le scelte strategiche e tecniche non sono ancora completamente definite, può essere devastante.
Contrariamente a quanto si pensi, le applicazioni a livello industriale sono costose, non solo in tema di investimento iniziale, ma soprattutto per il loro mantenimento e sviluppo e se non sussistono i presupposti necessari di fruibilità, flessibilità e scalabilità, si corrono rischi di inadeguatezza.
Conclusioni
La visione strategica complessiva è alla base del successo di un progetto di trasformazione digitale ed anche per questo è fondamentale metterla a punto e svilupparla con il coinvolgimento diretto della proprietà e del Top management.
Muovendosi in uno scenario nuovo, sconosciuto ai più, non definibile sulla base delle conoscenze ed esperienze pregresse ed in rapidissima evoluzione, le aziende devono stare attente alle insidie che spesso non si rivelano se non in fase avanzata del progetto ( e di spesa) e che ancora più spesso non sono neppure prevedibili nella fase iniziale del progetto: secondo una indagine di General Electric, addirittura solo il 5% dei grandi progetti di digitalizzazione iniziati da aziende USA negli anni dal 2014 al 2016 sono arrivati veramente a regime.
Tutti gli altri o hanno mancato il vero obbiettivo, o sono falliti.
Per muoversi in questo scenario è quindi necessario che il Top Management e/o la proprietà delle aziende abbia la possibilità in una fase preliminare, progettuale, sulle tecnologie, sulle possibilità che le stesse offrano, incrociando le informazioni e le esperienze di terzi con le proprie capacità, competenze, mercato e prodotto, al fine di cercare di ridurre le possibilità di errori.
Inoltre è opportuno procedere con cautela, organizzando test ed esperimenti che per quanto ben inseriti nel contesto strategico individuato, è opportuno siano limitati, nel tempo, negli investimenti e nell’obbiettivo da raggiungere. In questo modo sarà possibile avviare un un processo virtuoso di sperimentazione ed apprendimento, con l’obbiettivo di individuare i passi corretti ed individuare le piattaforme e gli strumenti più idonei, oltre a proporre a test di mercato prodotti o servizi, con l’obbiettivo di individuare se sono effettivamente percepiti come “a valore” da parte dei destinatari o se sono invece destinato a disperdersi nel panorama dell’ennesima applicazione tecnologica, tra e tante analoghe.
In queste fasi iniziali, un supporto da parte di competenze esterne all’azienda, che abbiano magari già avuto modo di passare per questi scenari, potrebbe essere sicuramente di grande aiuto, per evitare di farsi guidare da una visione “di pancia”, spesso ancorata alla percezione personale, più che non alla situazione reale.
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Angelo Bertini is CEO and partner of Devenio srl
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